“Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti –ANTONIO GRAMSCI -”

sabato 27 agosto 2011


Concia: 106 milioni evasi al fisco dalla Mastrotto Group

L'operazione "Twin Trust" delle Fiamme Gialle di Vicenza scoperchia un'evasione colossale. Un patrimonio di 1,3 miliardi di euro era occultato in Lussemburgo. 800 lavoratori pagati in parte in nero

Bufera sulla Mastrotto Group di Arzignano, una della più grandi aziende conciarie del distretto della concia della Valle del Chiampo: la Guardia di Finanza ha scoperto una colossale evasione fiscale pari complessivamente a oltre 106 milioni di euro, corrispondenti a redditi occultati al fisco. Inoltre c'è un patrimonio di 1 miliardo e 344 milioni di euro di capitali in "violazione della disciplina fiscale", soldi trasferiti all'estero e occultati al fisco, tramite due "trust" ubicati in Lussemburgo.


A questi vanno aggiunti un "buco" di 9 milioni di euro di pagamenti "fuori busta": per i cinque anni fiscali controllati dalla Guardia di Finanza di Vicenza, dal 2006 al 2011, circa 800 lavoratori all'anno venivano pagati parzialmente in nero, per un importo appunto di 9 milioni di euro, con un carico di ritenute e di contributi Inps non versati. Terzo punto: tonnellate dipellame vendute in nero, "sparite" dalla contabilità ufficiale del Gruppo Mastrotto, per un giro d'affari di circa 10 milioni di euro, soldi che servivano come liquidità per pagare il "fuori busta" ai dipendenti, e che a loro volta hanno generato un'evasione al fisco pari a 2 milioni di euro di Iva. Ma il grosso dell'affare era costituito dai due "trust" - da cui il nome dell'operazione della Guardia di Finanza: "Twin Trust" - ovvero scatole societarie situate in paradisi fiscali. I due fratelli Bruno e Santo Mastrotto, fondatori del gruppo conciario, erano "amministratori e proprietari di fatto di una galassia societaria retrostante alla struttura imprenditoriale attiva in Italia - così si legge nel comunicato delle Fiamme Gialle - formalmente costituita all'estero allo scopo di beneficiare indebitamente di legislazioni fiscali più favorevoli, a danno dell'Erario". I due fratelli avevano costituito un castello di società, ubicate nel Granducato di Lussemburgo, "allo scopo di spossessarsi, almeno formalmente, della proprietà del gruppo: pur rimanendo amministratori delle società italiane, i due fratelli, in sostanza, non ne risultavano più i proprietari".

Inizialmente i due "trust", ognuno dei quali intestati a uno dei fratelli Mastrotto, avevano sede legale nell'Isola di Man, al di fuori dell'Unione Europea, successivamente la sede è stata spostata in un altro "paradiso fiscale", il Lussemburgo. La struttura societaria molto complessa prevedeva tre livelli: in Italia aveva sede la società operativa e la holding italiana, controllate dalla società So.par.if a sua volta controllata dalla Holding 1929 (entrambe lussemburghesi). Quest'ultima holding era controllata da due altre società. Le quali, a loro volta, erano amministrate da due "trust" la cui sede legale era extra-europea (poi spostata anch'essa in Lussemburgo).

L'inchiesta guidata dal Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza sotto il coordinamento del sostituto Procuratore della Repubblica di Vicenza Marco Peraro, ha preso il via da un ramo dell'inchiesta "Reset" in cui uno dei due fratelli era stato accusato di corruzione di alcuni dirigenti dell'Agenzia delle Entrate. Il Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza Antonio Morelli, che ha guidato l'operazione "Twin Trust", commenta così il fatto: "Noi continueremo a contrastare questi fenomeni in modo rigoroso, li staneremo tutti - dice il Comandante - Abbiamo le capacità e i mezzo per farlo. Non credo questa sia una struttura unica, c'è chi fornisce chiavi in mano questo tipo di strutture societarie". A gestire la contabilità del Gruppo era una società con sede a Milano. Il recupero dell'evasione e il rientro dei capitali all'estero porteranno centinaia di milioni di euro alle casse dello Stato. La società ispezionata ha già provveduto a versare 800 mila euro di contributi previdenziali non versati all'Inps. "Le sanzioni per attività non dichiarate all'estero anno dal 10 al 50% - dice il Comandante Morelli - Facendo una stima si prevedono entrate per lo Stato di centinaia di milioni".



Fonte VicenzaToday.it

giovedì 25 agosto 2011

Vicenza - 11 Settembre 2011 : Presentazione del libro " I savoia e il massacro del Sud" con Antonio Ciano

Tour di Antonio Ciano in tre regioni del Nord Italia ( Emilia, Lombardia e Veneto) per la presentazione della nuova edizione del libro " I savoia e il massacro del Sud"
 
Primo appuntamento
 
FIDENZA (PR)
VENERDI' 9 SETTEMBRE 2011
LIBRERIA "LA VECCHIA TALPA" - VIA GRAMSCI 36
ORE 18,00
 
Secondo Incontro
MANTOVA
SABATO 10 SETTEMBRE 2011 ( in concomitanza con il festival della letteratura)
VIA TRENTO 10 - C/O FONDAZIONE MAZZALI
ORE 17,00
 
Ed infine..
VICENZA
DOMENICA 11 SETTEMBRE 2011
INFORMAGIOVANI - CONTRA' BARCHE 55
ORE 11,00
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lunedì 15 agosto 2011

Vicenza e l'Italia, le scuse a Pontelandolfo

LA STORIA. Una brutta pagina dell'Unità con la strage di 440 cittadini avvenuta 150 anni fa nel Beneventano. Un vicentino tra i bersaglieri che guidarono l'eccidio
Oggi cerimonia di riconciliazione con Amato e il sindaco Variati A guidare le truppe Pier Eleonoro Negri, che passò per "eroe".

Per la prima volta dall'Unità, l'Italia chiede scusa a Pontelandolfo, paese del Beneventano, per la strage di 440 cittadini avvenuta 150 anni fa. E Vicenza sarà presente, oggi alle 18, col sindaco berico, Achille Variati, assieme al presidente del Comitato dei Garanti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, Giuliano Amato, che porterà un messaggio del Capo dello Stato. Fu una delle pagine più oscure e ingloriose dell'unificazione dell'Italia, un episodio drammatico di guerra civile, che cominciò con l'uccisione di 41 soldati l'11 agosto del 1861, e si concluse qualche giorno dopo, il 14, con una violenta e brutale rappresaglia dell'esercito con eccidi di massa tra la popolazione.

Al comando dei bersaglieri, che furono vittime dei banditi meridionali e poi, per ordine del generale Cialdini (che combatté a Monte Berico) carnefici che misero a ferro e fuoco il paese, c'era il colonnello Pier Eleonoro Negri, un vicentino al quale nel capoluogo sono dedicate una via nel quartiere del Ferrovieri e una scuola elementare a Campedello.

Ieri il sindaco Variati ha telefonato al collega beneventano, Giacomo Testa, per confermare la sua presenza. Variati, secondo il programma, terrà anche un discorso, assieme ad Amato e agli storici che ricorderanno l'episodio. «Conto che la mia presenza possa dare un messaggio di unità e riconciliazione» sottolinea. Va ricordato anche che Luciano Disconzi, insegnante vicentino sposato con una beneventana, s'è dato molto da fare in questi anni per fare riemergere dall'oblio questa pagina di storia, quell'eccidio di massa di cui si macchiarono le truppe sabaude in quel piccolo centro arroccato intorno a un'antica torre una ventina di chilometri a nord di Benevento.

Tra coloro che, fra i primi, ricordarono quanto avvenne fu un gruppo rock, gli "Stormy Six" che quasi quarant'anni fa raccontarono in un long playing, intitolato appunto "Unità" l'altra faccia, quella meno conosciuta, del Risorgimento. Tra cui, appunto, in una canzone struggente, anche l'eccidio del paese campano. Fu una pagina ancora più brutta perchè ignorata, dimenticata, cancellata dalla storia ufficiale. Con quattrocento morti per vendicare 40 soldati uccisi, dieci per uno come alle Fosse Ardeatine, case bruciate, donne stuprate, una folla di vittime inermi che sembrava nessuno volesse più ricordare. Dopo anni di appelli, di attese, di proteste della cittadinanza, una lapide voluta dall'Italia ricorderà finalmente quei morti a partire da una donna, Concetta Biondi, violata e uccisa a 15 anni. E a quei morti una rappresentanza dei bersaglieri, il Corpo che mise in pratica l'eccidio, renderà per la prima volta gli onori militari. Per troppi anni dimenticato, Pontelandolfo diventa ufficialmente uno dei "Luoghi della memoria" della storia unitaria.

Le cronache riportano all'11 agosto 1861. Quel giorno 41 dei 44 soldati al comando del tenente livornese Cesare Bracci furono uccisi dai briganti della banda Giordano, ingrossata da cittadini di Casalduni, Pontelandolfo e Cerreto. Da giorni in quell'area tra il Matese ed il Beneventano erano in corso azioni di bande di ex soldati borbonici appoggiati da notabili locali ed esponenti del clero. Dopo l'uccisione dei 41 soldati partì l'ordine di rappresaglia. Di Pontelandolfo, ordinò il luogotenente del re, il generale Enrico Cialdini, «non deve rimanere più pietra su pietra».

La repressione, affidata ad una colonna di bersaglieri, fu terribile: «Al mattino del giorno 14 - scrisse poi nel suo diario uno di quei soldati, il filatore di seta valtellinese Carlo Margolfo - riceviamo l'ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne, gli infermi ed incendiarlo (...). Entrammo nel paese: subito abbiamo cominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4500 abitanti».

Nel 1973 (era sindaco Pinuccio Perugini) fu organizzato in paese un convegno di studi per denunciare per la prima volta la strage. Da allora, quasi quarant'anni fa, il Comune di Pontelandolfo chiedeva al governo "un atto ufficiale di riconoscimento", che ricordasse l'eccidio e analizzasse il fenomeno del brigantaggio post unitario perchè Pontelandolfo "non sia più nominata terra di briganti bensì città martire e simbolo della sofferta eppure amata Unità d'Italia".

Oggi alle 18 dopo gli onori militari da parte di una rappresentanza di bersaglieri, verrà deposta una corona. Seguirà la scopertura della lapide intitolate alle vittime.

Antonio Di Lorenzo
 
Fonte Il Giornale Di Vicenza.

giovedì 11 agosto 2011

Propaganda e luoghi comuni sul Rapporto socio - economico Nord - Sud Italia ( articolo inviato al quotidiano L'Arena di Verona)

Vorrei esprimere alcune riflessioni sulla lettera dell’Assessore Veneto Ciambetti, pubblicata sull’Arena del 9 agosto , riguardo la crisi economica nazionale.
Nel rilevare i contenuti, piuttosto stereotipati, tipici del pensiero “leghista” volti a confermare il fatto che sono soprattutto le Regioni “virtuose” del Nord a pagare il prezzo della crisi, vorrei tentare di offrire, da meridionalista, una chiave di lettura alternativa, ma soprattutto più approfondita sul rapporto socio-economico Nord-Sud, che vada un pò al di sopra di quello scontato livello dialettico da “osteria”, che prevede un Nord virtuoso, laborioso e onesto, contrapposto al Sud parassita, incapace e disonesto.

Và segnalato che nel Sud Italia, si sta creando un largo moto di ribellione alle accuse di parassitismo e inadeguatezza, di entità direttamente proporzionale agli affondi che la Lega Nord sta mettendo in atto da quando è al potere, grazie a molta gente comune, studiosi e intellettuali meridionalisti ( da non confondere con il movimento pseudo meridionalisti di Miccichè, contiguo e connivente con il governo Berlusconi e indirettamente con la lega) che si pongono l’obiettivo di sfatare tutti i luoghi comuni, perpetuati da un secolo e mezzo, verso i meridionali.

Sul divario Nord-Sud e sul conseguente prodotto economico, che è stato costruito, almeno in parte, il successo della Lega Nord , cioè senza il Sud la ricchezza pro-capite, dei cittadini della Padania, sarebbe stata maggiore perché lo sgravio fiscale sarebbe stato minore; da cui rivendicazione di federalismo, seccessione etc, oltre che un palese astio verso i cittadini parassiti del Sud (basta ascoltare qualche volta radio Padania).
Da meridionale che vive in Veneto come capita al sottoscritto sin dall’adolescenza, e dopo qualche decennio vissuto col senso di colpa e inferiorità per essere nato al Sud e essere forse portatore di qualche gene abnorme (secondo le teorie Lombrosiane), ciò nonostante il conseguimento di una laurea, di specializzazioni varie, della vincita di una decina di concorsi pubblici (senza raccomandazioni), oltre che di una consolidata affermazione professionale (titoli tutti conseguiti presso Università e Istituzioni del Nord, ciò chiarito per non fugare dubbi), è poi giunto il momento di capire, assieme a molti altri conterranei (meridionali), come stanno realmente le cose. 

Ho così scoperto, leggendo, approfondendo e consultando documenti ufficiali, che la storia dell’Unità d’Italia è ben altra cosa rispetto alla storiografia ufficiale e che la ricorrenza dei 150 anni, nel privilegiare la retorica rispetto all’analisi critica, è stata un’occasione persa per meglio spiegare i rapporti tra il Nord e il Sud dell’Italia e che proprio la mancanza di informazioni sull’argomento, è stata la principale generatrice della fortuna della Lega Nord.

Il Regno delle due Sicilie era uno stato pacifico, con una ricchezza molto superiore agli altri stati della penisola e con un livello d’industrializzazione inferiore in Europa soltanto a Francia e Inghilterra. I piemontesi e Garibaldi lo hanno invaso senza una dichiarazione di guerra (così come oltre un secolo dopo fece Saddam Hussein con il Kuwait), e conquistato grazie ad azioni di corruttela degli ufficiali borbonici e all’alleanza con le classi meridionali più losche (mafia e camorra comprese) spogliandolo delle sue ricchezze, chiudendo le sue industrie, massacrando i suoi abitanti (donne e bambini compresi) e soprattutto impedendone lo sviluppo socio-economico a scapito del Nord.

Per chi volesse seguire il percorso storico-culturale, dall’unità fino ai giorni nostri, che spiega alcune della ragioni che hanno reso il Sud subalterno all’economia del Nord, mi limito a consigliare il consulto di scritti di intellettuali ed economisti, sia meridionali che settentrionali, come Nitti, Dorso, Salvemini, Rossi Doria, Saraceno, Sebregondi o, autori più recenti come Aprile, Di Fiore, Ciano, Patruno, Del Boca.

Un’idea piutosto emblematica del problema si può trarre dalle frasi scritte da due grandi intellettuali di segno opposto:“ Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti “ (A. Gramsci) – “Sì è vero che noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno per l’unità. Peccammo di egoismo quando il settentrione fece una barriera doganale per assicurare alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale. Riuscimmo a far affluire dal Sud al Nord enormi ricchezze” (L. Einaudi). 

Ci viene da sempre rinfacciato che il meridione avrebbe beneficiato di ingenti somme, poi sperperate, tramite la cassa per il mezzogiorno; scopro poi che queste somme, dell’entità dello 0,5 % del PIL, dovevano contribuire, tramite un intervento straordinario, a fare quello che nel resto d’Italia veniva effettuato tramite leggi e finanziamenti ordinari.
I presunti o forse veri sperperi dei tempi della Cassa per il Mezzogiorno hanno così reso giustificabile, secondo la morale Leghista, la “raffinata” operazione di trasferimento dei fondi FAS, destinati alle aree sottosviluppate, alla copertura delle multe dei lattai padani.

Giunti ai nostri giorni leggo che l’Economista Paolo Savona (già ministro del governo Ciampi), attraverso una ricerca statistica, ha scoperto che, nel 2010, su 72 miliardi di euro, spesi da cittadini del Sud per beni di consumo, 63 sono andati al Nord e 9 al Sud; ebbene nonostante ciò, i nostri “fratelli” del Nord si lamentano di pagare più tasse, così come il sociologo Ricolfi conferma nel suo tautologico libro “Il sacco del Nord”; secondo la loro logica è giusto che a pagare più tasse siano quelli che guadagnano meno e che arricchiscono gli altri.

Si pretende poi che il Sud diventi competitivo economicamente, dimenticando però che ci sono il 30 % di infrastrutture in meno rispetto al resto del paese, che esiste l’autostrada più disastrata d’Europa, la Salerno-Reggio Calabria, i cui lavori sono in mano anche ad aziende del Nord.
Con questo non si vuole certamente dimenticare le gravi responsabilità di politici meridionali certamente molto più attenti ai loro interessi che non a quelli delle popolazioni che avrebbero dovuto tutelare. 

Vengono giustamente messi in risalto sprechi e ruberie da poteri meridionali malavitosi, mentre sembrano più “leggiadri” i livelli di corruzione dei poteri del Nord, basta ricordare l’iter tangentizio scoperto per la costruzione della Metropolitana di Milano negli anni ’80, o le autostrade Torino-Novara o Firenze- Bologna, costate sette otto volte in più di quelle francesi o spagnole.

Mi si potrà certamente accusare di essere di parte e forse lo sono, ma trovo incivile e grossolano individuare, nel Sud, il capro espiatorio dei mali dell’Italia, come se Tangentopoli fosse nata a Napoli e non a Milano (con Bossi condannato per avere intascato tangenti Enimont); oppure come se la truffa Parmalat si fosse sviluppata a Catania piuttosto che nella fantomatica Padania.

Poi si leva la croce al disoccupato calabrese assunto alla forestale che, in mancanza di altri sbocchi lavorativi, guadagna 1200 euro al mese e venga ritenuto un ladro, mentre il figlio di Bossi che di euro al mese ne guadagna all’incirca 12000 (pur risultando uno studente non particolarmente brillante) viene considerato un giovane politico emergente. 

Tutto questo succede a dispetto di milioni di cittadini settentrionali onesti, come di milioni di cittadini meridionali onesti.

Vincenzo Cesario
Coord. Provinciale Verona del Partito del Sud

sabato 6 agosto 2011

DA VICENZA LE INSINUAZIONI DI UN ASSESSORE SUL VALORE DEGLI STUDENTI DI REGGIO CALABRIA.

Vuoi vedere che il Sud, anche quando si fanno le cose perbene, deve dare una giustificazione? 
Perchè essendo una terra difficile e malata di 'ndrangheta, quella calabrese, non può eccellere in niente che non sia malaffare e criminalità.

Roma - (Adnkronos) - L'assessore provinciale alla Pubblica  Istruzione di Vicenza aveva sollevato dubbi sui venti studenti che hanno ottenuto cento e lode agli esami di maturità e chiesto i verbali. La replica del dirigente scolastico del liceo Da Vinci: ''Non ho dato seguito alla richiesta dell'assessore perché la ritengo una polemica sterile, ma può venire a Reggio Calabria quando vuole. E non perché dobbiamo dare dimostrazioni, anzi sarei felice di ospitarla per mostrare i risultati realizzati. E' questo il nostro modo di risponderle''. Il dirigente scolastico del liceo scientifico 'Leonardo Da Vinci' di Reggio Calabria, Giuseppina Princi, replica con un invito alla polemica alzata dall'assessore provinciale alla pubblica istruzione di Vicenza, Morena Martini, che aveva sollevato dubbi sui venti studenti che hanno ottenuto cento e lode agli esami di maturità del 2010 e chiesto i verbali.


''Noi - spiega all'ADNKRONOS la dirigente calabrese - ci confrontiamo in competizioni nazionali con le scuole di tutta Italia e abbiamo rappresentato il Paese nelle finali internazionali. Un nostro studente ha ottenuto la medaglia d'argento alle Olimpiadi di biologia che si sono svolte a luglio a Taiwan, portando lustro a tutta l'Italia''.

Un altro ragazzo del 'Da Vinci' a settembre volerà in Kazakistan per partecipare alla finale delle Olimpiadi di astronomia, la cui selezione nazionale si è svolta proprio nel liceo reggino, che ha strappato la sede a un istituto di Torino. Se l'assessore provinciale vicentina poneva un dubbio sulla ''manica larga'' in fatto di assegnazione di voti dei docenti reggini rispetto a quelli settentrionali, i risultati dei ragazzi nelle competizioni scientifiche internazionali dimostrano che il dato non è sempre soggettivo. La dirigente Princi spiega che anche nella scuola per il giudizio sulle performance degli studenti vengono seguiti ''criteri oggettivi, decisi a livello collegiale, come la capacità critica e la capacità logica, la capacità di fare collegamenti interdisciplinari e così via''. Qual è il segreto della scuola? ''E' il risultato lusinghiero di un lavoro di gruppo che lavora con impegno e abnegazione - spiega Giuseppina Princi - sia il corpo docente, sia il personale Ata, e le famiglie che seguono da vicino i loro ragazzi. Questi ragazzi antepongono lo studio ad altro, e vi si dedicano con impegno e sacrificio''.

La scuola aiuta anche i ragazzi con difficoltà, promuovendo corsi differenziati nelle ore pomeridiane ''per dare l'opportunità di recuperare le lacune e non appiattire il livello complessivo delle classi'' dice ancora la dirigente. E ha fatto ancora di più. Quest'anno è andata a reperire i dati degli studenti già laureati seguendoli anche nel percorso universitario. ''Tutti - spiega Giuseppina Princi - hanno superato gli esami alla Bocconi di Milano o alla Normale di Pisa, e alla Sapienza di Roma. E nel loro percorso accademico continuano ad avere ottimi risultati''. Quest'anno altri venti studenti si sono diplomati con cento e lode. Su un totale di 380 maturandi è una cifra proporzionata. Le parole che riassumono l'offerta formativa nel complesso è ''serietà e impegno''. Sarà questo a invogliare i genitori a iscrivere i loro figli al liceo scientifico 'Da Vinci'. Quest'anno si è registrato un vero boom delle iscrizioni, con 450 alunni che si aggiungeranno ai 1800 che già frequentano l'istituto.

Replica all'assessore vicentino anche il collega calabrese. ''La Magna Grecia è stata la culla della civiltà. Storicamente le università antiche del Sud, da Napoli a Messina, hanno sfornato le migliori intelligenze, ed è nato qui quel grande filosofo che è Tommaso Campanella'', ha sottolineato l'assessore comunale alla Pubblica Istruzione di Reggio Calabria, Vincenzo Nociti invitando la collega a fare visita a Reggio Calabria. ''Si renderebbe conto - ha concluso - delle bellezze, delle intelligenze e della qualità delle risorse che abbiamo''.
Fonte Adnkronos.